Chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo

La dedicazione a san Michele Arcangelo induce a ritenere che un primitivo edificio fosse già esistente all’epoca delle invasioni longobarde, ma le notizie storiche iniziano solo a partire dal 1178. La chiesa medioevale aveva orientamento est-ovest e fu demolita nel 1620. Di essa rimangono alcune strutture inglobate nella sagrestia e nella navata laterale destra, nonché il campanile romanico-gotico. L’attuale edificio fu costruito tra il 1630 e il 1645 con orientamento nord-sud. Nell’altare maggiore furono murate le reliquie di san Marino e san Basilio.

Alla chiesa si accede da una scalinata del 1881 che conduce al sagrato a ciottoli bianchi e neri datato 1894. Nella facciata, restaurata nel 1828 e nel 1993, si aprono tre portoni sormontati da rosoni. Il corpo centrale termina con un lunettone affrescato del 1893, in cattivo stato di conservazione, raffigurante san Michele Arcangelo. L’interno è a tre navate divise da pilastri quadrati.Le volte sono interamente affrescate e lungo le pareti si aprono undici cappelle laterali. Nel presbiterio l’altare del 1714 è circondato da un coro ligneo del 1682. Al centro si trova il polittico (olio su legno) di San Michele, dipinto nel 1535 da Perino del Vaga e commissionato dagli stessi pescatori di Celle Ligure; il quadro raffigura, nella cimasa, la Crocifissione mentre al centro vi è la raffigurazione di san Michele che trafigge il diavolo con ai lati san Giovanni Battista, san Pietro e l’Annunciazione. Sulla destra del presbiterio si nota inoltre un pregevole crocefisso quattrocentesco.Sulle pareti laterali sono conservate due tele di Protasio Stambucchi del 1808, mentre gli affreschi del catino e della volta del presbiterio furono realizzati da Paolo Gerolamo Brusco. La navata centrale fu invece decorata da Pietro Ivaldi tra il 1867 e il 1868 con episodi della vita di Cristo. Da notare anche il pulpito settecentesco con scolpite immagini degli Evagelisti, di San Pietro e San Michele.

Tra le ricche cappelle laterali della navata sinistra vanno menzionate nella cappella del Carmine il dipinto Nostra Signora del Carmine, Santa Teresa, Sant’Antonio e Santo Stefano del 1665 di Giovanni Bernardo Carbone; nella cappella del Rosario le tele Maria che incontra Elisabetta e Nostra Signora di Misericordia di Paolo Gerolamo Brusco e una statua lignea del 1713 della Madonna della scuola dello scultore Anton Maria Maragliano; nella cappella della Santissima Trinità la pala Maria incoronata dalla Santissima Trinità e i santi Giuseppe e Bernardo di Domenico Piola; nella cappella di San Carlo Borromeo il dipinto di San Carlo dinanzi alla Vergine col bimbo e i santi Pietro e Antonio.Nella navata destra la cappella di San Biagio con la tela Vergine con san Francesco di Sales, una santa martire e san Biagio di Lorenzo De Ferrari; nella cappella di Sant’Antonio abate il dipinto Maria, Gesù Bambino, i santi Antonio e Benedetto e Caterina da Genova di scuola pittorica genovese del XVII secolo; nella cappella di San Giuseppe un’ancona del 1667 di Orazio De Ferrari e due tele Crocifissione e Santa Prassede di probabile datazione seicentesca; nella nona cappella vi è conservato il dipinto attribuito a Domenico Fiasella di Gesù che salva Pietro mentre affoga; nella cappella di San Francesco d’Assisi la tela di Giovanni Battista Bicchio raffigurante Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista, Giacomo apostolo e Benedetto; nella cappella di Sant’Anna le tele di San Lorenzo e Raffaele che accompagna Tobia, l’Immacolata con sant’Anna, San Nicolò da Bari e angeli, probabilmente proveniente dall’Italia meridionale; nella cappella del Suffragio conserva due tele con Cristo alla colonna e l’Addolorata. Interessanti sono anche i mobili del XVI secolo della sagrestia, dove sono conservati anche un tabernacolo marmoreo, una statua processionale di San Michele e una pala di Sant’Anna, tutti del XV secolo, oltre che a diversi esempi di suppellettili e paramenti sacri del XVIII e XIX secolo. Vanno ricordate infine le statue alte cm 30 in terracotta per il presepe, create tra il 1860 e il 1880 da Antonio Brilla.

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