Villa De Mari

Questa villa ormai lasciata in pieno sfacelo sorgeva, in bella posizione, tra la piana subito a ridosso dell’arenile e la collina soprastante, sulle cui pendici si sviluppa ancora un breve tratto della macchia boschiva di proprietà della tenuta. Un lungo e basso edificio, che faceva parte della proprietà come dipendenza di servizio, separava e separa la villa dal contatto con il mare. Stilisticamente è collocabile ai secoli XVI- XVII l’origine della costruzione certamente appartenuta ai marchesi De Mari, come indicano sia lo stemma di famiglia visibile sulla facciata sia la specificazione di proprietà De Mari, apposta in alcune antiche mappe su questo edificio e infine altre note d’archivio.

Ignote per ora le maestranze e l’architetto autore del progetto. A tutt’oggi infatti non sono state compiute ricerche sufficientemente approfondite sulla storia del palazzo, non essendo accessibile l’antico archivio De Mari ed essendo ancora frammentario lo studio delle ville albisolesi e della loro storia. Per lungo tempo fu utilizzata come abitazione estiva dai proprietari originari e dopo vicende ancora oscure, pervenne in fine al secolo scorso, alla famiglia genovese Sivo-Puccio. Oggi è adibita ad albergo. Di chiara impostazione alessiana, la semplice e severa struttura cubica dell’edificio, testimonianza delle sue origini cinque-secentesche, è chiaro esempio di villa suburbana quale si incontra nell’Albisolese ed in Savona. Tutta la struttura è articolata su pianta quadrata, all’interno della quale trova spazio anche la piccola cappella.

L’esterno è tutto impostato ai criteri di una composta ed aristocratica sobrietà, ben evidente nella decorazione della facciata. Soltanto un leggero bugnato al piano terreno, a contorno delle finestre protette da belle inferiate, qualche motivo a rilievo in foggia di timpano ed il grande stemma della famiglia De Mari, a livello del piano nobile, movimentano il prospetto. L’interno, al contrario, vive, in netta antitesi con la severità dell’edificio, dell’aura leggera ed elegante espressa nel frivolo e prezioso rocaille dei ricami a stucco, del Settecento, con qualche suggestiva alterazione Liberty. Stucchi policromi incorniciano quadri, decorano sovrapporte, si sviluppano in specie sul soffitto, costituendo un esempio ben conservato di barocchetto ligure. Su di una struttura interna, organizzata nella consueta successione atrio-scala-loggia di matrice alessiana ed in una ordinata disposizione delle stanze, tutta settecentesca, si arrampicano per i muri e sulle volte gli stucchi di soggetto naturistico. Fiori e piante in una profusione di colori e parvenze tratti dalla moda arca dica simbolizzano quell’unione casa-giardino, interno nell’esterno esterno nell’interno, proprio di tutta l’epoca settecentesca. Attorno all’androne sono disposte tutte le sale del piano terra; così come, saliti i gradini in ardesia del monumentale scalone marmoreo, caratterizzato da una scenografica ricerca di movimenti e di scorci pienamente barocchi, intorno ad un imponente salone si sviluppano le sale del piano nobile. A separare i due piani è un ammezzato con sale assai basse, anch’esse coperte di stucchi, realizzati in epoca successiva (primi del Novecento).

Quasi tutti rifatti in epoca Liberty (molti in graniglia stile veneziano)i pavimenti, tranne, forse, quelli del salone, in legno intarsiato, e quelli delle altre sale attigue, in loggioni dipinti. Il mobilio è quasi per intero novecentesco e in finto rococò, escludendo forse l’enorme lampadario e l’arazzo del salone che sembrano appartenere all’arredo settecentesco. Costruito con l’intento di tradurre all’esterno l’ordinata disposizione degli ambienti interni, dominando la natura, il giardino è ripartito da siepi ed alberi per creare spazi armonicamente distribuiti. Il sapiente sfruttamento dei dislivelli del terreno, simile a quello già utilizzato nella progettazione dei giardini di villa Durazzo Faraggiana, ha portato l’ignoto ideatore del parco a costruire una breve rampa che, accedendo al piano antistante al palazzo, animato da piante d’alto fusto in maggioranza palme, lascia libera l’area ad esso sottostante. Questa viene così ripartita in due terrazzamenti, sui quali si distendono le geometriche partizioni delle siepi, tipiche del gusto settecentesco dell’architettura di giardino. Parte del parco, a sinistra della villa, con alberi ad alto fusto, è stato donato al Comune perché divenisse giardino pubblico.